I Dinastia

3100 +/- 150 a.C. (Periodo Thinita)

Le prime testimonianze archeologiche della I Dinastia si devono ad Amélineau. Con l'aiuto di fondi forniti da privati, egli iniziò alcuni scavi ad Abido nel 1895, proseguendo i lavori verso occidente fino a raggiungere un basso contrafforte del deserto, detto l'Umm el-Kacab, la Madre dei Vasi, dagli innumerevoli cocci che ricoprivano il terreno. In questa remota località, distante più di un chilometro e mezzo dai campi coltivati, s'imbatté in un gruppo di tombe di mattoni a forma di pozzo, che in seguito si rivelarono appartenenti ai re della I e della II dinastia. Egli ne contò sedici.
Petrie, qualche anno più tardi, riuscì a disegnare la pianta delle tombe ed a ricuperare un gran numero di oggetti importanti fra i quali recipienti in pietra con iscrizioni, sigilli di giare, tavolette d'ebano e d'avorio, e varie stele stupendamente scolpite e di imponenti dimensioni.
Frattanto in Europa gli studiosi si erano messi al lavoro sulle iscrizioni scoperte da Amélineau. Griffith in Inghilterra e Sethe in Germania furono tra i primi a riconoscere di trovarsi di fronte ai resti della I e della II dinastia di Manetone. In un articolo che fece epoca Sethe richiamava l'attenzione su due fatti: in qualche caso il nome di Horo del re era accompagnato da un altro nome introdotto dal titolo di "re dell'Alto e Basso Egitto", seguito a volte da quello delle "Due Signore", e questi nomi secondari corrispondevano a quelli delle liste regali ramessidi e degli elenchi di Manetone. Naturalmente, nel corso dei secoli, i nomi avevano subito qualche deformazione, ma le divergenze non erano difficili a spiegarsi. Così l'Usaphais, dato da Manetone come quinto re della I dinastia, fu individuato in un gruppo di geroglifici dove probabilmente doveva leggersi Zemti, mentre il sesto re manetoniano, Miebis, era un riconoscibilissimo Merpibia nella grafia originaria. Il settimo, Semempses nell'elenco di Manetone, appariva in veste sacerdotale con un bastone in mano a Umm el-Kacab, e con uno scettro nell'elenco regale di Abido; mentre l'ottavo e ultimo re della I dinastia, che usava il nome di Horo, Kaca, talora anche come nome proprio, aveva subito una lieve, ma facilmente comprensibile, trasformazione in Kebh, sia nell'elenco di Abido che nel Canone di Torino. La sequenza storica di questi quattro re fu per buona sorte confermata da quattro vasi di pietra incisi scoperti molti anni dopo.

Nel 1897 Quibell, eseguendo scavi a Kom el-Ahmar, quasi di fronte a Edfu sulla riva opposta del fiume, fece una sensazionale scoperta. Era noto che qui sorgeva l'antica Nekhen, menzionata in certi titoli ufficiali dell'Antico Regno, detta poi dai Greci Ieracompoli dalla principale divinità del luogo, il dio falco Horo. La grande scoperta di questi scavi fu la famosa Tavoletta di Narmer. Non occorreva molto acume per individuare in questo oggetto un indiscutibile anello di collegamento fra il tardo periodo predinastico e l'inizio di quello protodinastico.
Prima di Narmer è opportuno però parlare di un re ancor precedente che, in mancanza di un equivalente fonetico, viene chiamato il re Scorpione. A parte inesplicabili menzioni sopra un vaso proveniente da Tura, su un pezzo d'avorio trovato a Umm el-Kacab e forse su di una tavoletta, le altre e sole reliquie di questo re sono costituite da offerte votive nel tempio di Ieracompoli. La più interessante è una grossa testa di clava spezzata in calcare duro che reca incise figurazioni ad altorilievo. Di queste la principale è una scena rituale simile ad altre della I dinastia, dove la figura al centro rappresenta il re che regge una zappa con le due mani; egli indossa una tunica fermata sulla spalla sinistra e la coda di toro, comune attributo della regalità, legata sopra la cintura; in testa porta la corona dell'Alto Egitto. Di grande importanza storica sono le scene del registro superiore, nelle quali si vede un corteo di stendardi militari sormontati dagli emblemi di vari nomi o province, riconoscibili, fra gli altri il belemnite di Min e l'animale di Seth. Da ogni stendardo pende, legato con una corda attorno al collo, un pavoncello morto, almeno in apparenza; di fronte, disposta in direzione inversa, c'era un'altra processione di stendardi che recavano legati nello stesso modo degli archi, ma di completo non se n'è conservato che uno solo. Il significato generale è chiaro: il re Scorpione celebra la vittoria sui Nove Archi (cioè i vari popoli ai confini dell'Egitto) e anche su quella parte della popolazione egizia, spesso citata, detta degli Erkheye o popolo pavone, in cui numerosi egittologi individuano i sottomessi abitanti del delta. E' significativo comunque che, malgrado le molte vittime vantate, il re Scorpione non si proclami sovrano di un Egitto unificato.

Questo onore era riservato a Narmer che, sopra un lato della sua Tavoletta porta la corona bianca dell'Alto Egitto, mentre sull'altro, come pure sopra una testa di clava d'importanza quasi uguale, ha la corona rossa del Basso Egitto, primo monarca evidentemente ad assumere la duplice sovranità. E' proprio questo fatto a giustificare l'opinione che Narmer non fosse altri che Menes in persona.
Molti fatti collegano Menes a Menfi, primo fra tutti il fatto che, secondo gli storici, fu proprio lui a fondare la città.
L'importanza di questa grande città durante la I dinastia fu rivelata dagli scavi condotti al margine del deserto occidentale, qualche chilometro più a nord. Emery vi scoprì una lunga fila di mastabe in mattoni. Queste mastabe menfite erano grandi il doppio delle tombe soperte qualche anno prima ad Abido; la loro struttura, quale si rileva dalla pianta, e gli oggetti con iscrizioni ritrovati nell'interno dimostravano che tutte appartenevano alla I dinastia; la più antica risaliva al regno di Aha. Era evidente una rapida evoluzione, ma le caratteristiche principali rimanevano inalterate. All'esterno un grande rettangolo di mattoni con il tipico rivestimento a pannelli rientranti e aggettanti che simulava la facciata di un palazzo racchiudeva numerosi magazzini oblunghi disposti simmetricamente attorno a una camera sepolcrale di dimensioni due volte maggiori (che tendeva a infossarsi sempre più con l'andar del tempo) alla quale si accedeva per uno scalone che iniziava presso la cinta. Negli esemplari più antichi non vi era comunicazione di sorta tra i vari scomparti, per cui gli oggetti contenuti dovevano esservi immagazzinati prima di aggiungere le sovrastrutture; alla fine della dinastia le suddivisioni scomparivano per lasciar luogo a una camera sepolcrale più vasta. Pavimenti e soffitti erano di legno e in qualche caso venne impiegata anche la pietra; talvolta le pareti erano decorate a disegni geometrici.
Molte delle grandi tombe erano attorniate da file di piccole camere sepolcrali, una accanto all'altra, e il loro contenuto attestava l'usanza di immolare schiavi o altri esseri viventi che accompagnassero nell'al di là il loro padrone. In una delle tombe scoperte da Emery nella zona nord di Saqqara e attribuita su basi alquanto deboli a una regina Merneit, si ritrovarono molti scheletri di adulti, tutti nella stessa posizione rannicchiata e rivolti nella medesima direzione; secondo lo scopritore:

Non si riscontrò traccia di violenza sui resti anatomici; e la posizione degli scheletri non rivelò segni di movimento dopo la sepoltura. Sembra perciò probabile che i sepolti fossero già cadaveri quando vennero deposti nella tomba e nulla dimostra che siano stati sotterrati vivi. La mancanza di segni di violenza fa ritenere che tutti siano stati uccisi con veleno prima di essere seppelliti.
Dopo le scoperte di Abido gli studiosi erano convinti di esser venuti in possesso degli autentici sepolcri dei primi faraoni, il che pareva confermato dall'affermazione di Manetone che i re della I e della II dinastia provenivano da Tjene (Thinis), città nei pressi di Abido. Ma le maggiori dimensioni e la grandiosità delle tombe menfite facevano ora nascere il sospetto che fossero queste le vere tombe regali protodinastiche e la questione si faceva ancor più complicata con la scoperta di mastabe isolate, non meno imponenti e appartenenti allo stesso periodo, a Tarkhan, qualche chilometro a sud di Lisht, a Giza e anche più a nord, ad Abu Roash.
I fortunatissimi scavi di Emery avevano riportato alla luce non meno di quattordici grandi mastabe con facciata a palazzo, disposte in fila lungo il margine scosceso del deserto, e in tutte si erano trovati sigilli dei re della I dinastia, che avevano permesso di stabilirne le date approssimative; gli unici sovrani assenti erano Narmer e Semempses, che, secondo il grande frammento della Pietra di Palermo al Cairo non regnò più di nove anni. Emery era convinto di avere scoperto le autentiche tombe degli altri sei re della dinastia, da Aha in avanti, anche poiché vi era fondato motivo di ritenere che Menes si fosse trasferito dal Sud per erigere la propria capitale a Menfi.
Purtroppo però Djer era nominato in due tombe, e Den in quattro o cinque; In due delle tombe si ritenne che fossero sepolte le regine.
In conseguenza di ciò nessuna delle quattordici tombe è stata identificata con assoluta certezza. Inoltre alcuni studiosi sostengono ancora che l'autentica necropoli reale era Abido portando come prova le stupende stele di pietra erette davanti alle grandi camere sepolcrali la più bella delle quali, dedicata al Re Serpente, si trova ora al Louvre. Può darsi che gli stessi Egizi di epoca più tarda ritenessero che i loro primi re fossero sepolti in questa necropoli, perché nella tomba di Djer ad Abido essi collocarono un enorme sarcofago rappresentante il dio Osiride, prototipo di tutti i faraoni defunti. Secondo l'opinione di Emery le tombe di Abido sarebbero cenotafi dovuti alla credenza che il faraone dovesse possedere due tombe rispettivamente per l'attributo di re dell'Alto Egitto e di re del Basso Egitto.
Un fatto strano e inesplicabile è che tutte le tombe di Saqqara e di Abido furono deliberatamente incendiate e distrutte, cosa che non accadde per le tombe della II dinastia.

Nelle note all'elenco dei re si possono leggere i bizzarri avvenimenti attribuiti ai re della I dinastia da Manetone; non occorre ripetere che essi sono un'invenzione letteraria, evidentemente una delle principali fonti d'ispirazione dello storico egizio.

Menes Fu portato via da un ippopotamo e morì.
Athothis Costruì il palazzo a Menfi; le sue opere anatomiche esistono tuttora perché era un medico.
Uenephes Una grande carestia colpì l'Egitto; egli innalzò le piramidi presso Kokome.
Semempses Durante il suo regno una grande calamità cadde sull'Egitto.

Elenco dei re della I dinastia

Nelle liste di Abido e Saqqara e nel Canone di Torino, "n°" è la posizione del nome all'interno dell'elenco.

Manetone Lista di Abido Lista di Saqqara Canone di Torino
Nome anni Nome Nome Nome anni
Menes 62 Meni 1 Meni   Meni 2.11  
Athothis 57 Teti 2          
    Iti 3     Iti 2.12  
    Ita 4     Ita 1.15  
Kenkenes 31              
Uenephes 23              
Usaphais 20 Zemti 5   Zemti 2.16    
Miebis 26 Merbiape 6 Merbiapen 1 Merbiapen 2.17  
Semempses 18   7     Semsem 2.18  
Bieneches 26 Kebh 8 Kebh 2 Kebh 2.19  
Ubienthes 26     Biunutje 3 Biunutje 2.20  

Sui monumenti i seguenti re corrispondono a quelli dell'elnco dei re dato qui sopra.

Prenome Horo Prenomi inibya e/o nebty Prenome nell'elenco dei re
Narmer Men Meni
Aha   Teti
Djer (Zer) Itit Iti
Edjo (Zet, Wadj) Iterti Ita
Den (Udimu) Zemti Zemti
Andjyeb (Enezib, Adjib) Merpibia Merbiape
Semerkhet? Figura sacerdotale Semsem
Kaca (Qu'a) Kaca o Sen Kebh

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